Prosegue la crescita delle imprese guidate dagli immigrati: tra il 2011 e il 2018, sono aumentate del 32,6%, superando la soglia delle 600mila unità, in controtendenza rispetto a quelle gestite da imprenditori italiani che diminuivano del 2,8%. Il trend è continuato anche nel corso del 2019, portandone il numero a 616mila, con un’incidenza del 10,1% sul totale. A rilevarlo il rapporto “Immigrazione e Imprenditoria 2019-2020”, realizzato dal Centro Studi e Ricerche IDOS in collaborazione con la CNA e con il contributo dell’Organizzazione Internazionale delle Migrazioni (OIM) – Ufficio di Coordinamento per il Mediterraneo, presentato questa mattina nel corso di una conferenza stampa.
La vice presidente della CNA, Maria Fermanelli, in occasione della presentazione del rapporto ha sottolineato che “siamo orgogliosi di sostenere questa iniziativa. Una organizzazione come CNA deve essere molto attenta alle trasformazioni sociali e da anni investiamo” per comprendere e leggere i cambiamenti della società e del sistema economico. Non c’è dubbio che il “movimento dei migranti rappresenta una delle principali trasformazioni” e “la CNA vi ha sempre dedicato risorse e attenzione”.
Tornando al rapporto, i lavoratori immigrati hanno garantito un apporto determinante in termini di tenuta della base imprenditoriale, spesso coprendo le posizioni lasciate scoperte nel passaggio generazionale o rispondendo alla crescente domanda di lavoro autonomo indotta da sistemi produttivi sempre più decentrati.
Dal commercio all’edilizia, dalle attività di ristorazione alla manifattura, dalla logistica ai servizi alle imprese, le iniziative autonomo-imprenditoriali gestite dai migranti si sono diffuse in tutte le regioni, affermandosi definitivamente come una componente strutturale del tessuto d’impresa nazionale, che trova i suoi “punti di forza” in un accentuato dinamismo e in un altrettanta accentuata capacità di adattamento alle esigenze del mercato.
Le imprese gestite dai migranti sono per lo più di piccole dimensioni concentrate principalmente nel commercio al dettaglio (35%) e nell’edilizia (22,4%).
Il fenomeno è diffuso su tutto il territorio nazionale: le regioni del Centro-Nord, da un lato, e le grandi aree metropolitane, dall’altro, rappresentano i principali territori di attività. Lombardia (19,4%) e Lazio (13,3%) si confermano le regioni di maggiore inserimento, seguite dalla Toscana (9,4%), che registra la maggiore incidenza delle imprese guidate dagli immigrati sul totale delle iniziative locali (9,4%).
Resta bassa la partecipazione delle donne, che gestiscono poco meno di un quarto delle imprese analizzate (145mila, 24,0%).
Il quadro dei principali Paesi di origine degli imprenditori coinvolti evidenzia un ristretto gruppo di nazionalità. I nati in Marocco (14,1%), Cina (11,5%) e Romania (10,7%), seguiti dagli originari di Albania (6,9%) e Bangladesh (6,6%), coprono la metà del totale e mostrano tutti specifiche tendenze alla concentrazione settoriale. Marocchini e bangladesi convergono soprattutto nel commercio, romeni e albanesi verso l’edilizia (60,0% e 68,8%), mentre i cinesi si raccolgono soprattutto nel commercio (35,7%), nella manifattura (32,7%) e nei servizi di alloggio e ristorazione (13,4%).
Le analisi raccolte nel Rapporto descrivono un universo in forte crescita, estremamente eterogeneo e dinamico, che lascia intravedere possibili scenari di evoluzione positiva, che andrebbero però pienamente riconosciuti e sostenuti per poter risultare effettivamente influenti.